Anni Novanta, un decennio rivoluzionario per la tecnologia: vengono implementati i primi modelli client-server, i siti web si compongono di back-end per i tecnici e front-end per gli utenti, si aprono i primi e-commerce e nasce il Cloud Computing.
Per la prima volta, infatti, venne pronunciato il termine pubblicamente durante una conferenza a Dallas dal giovane ricercatore Ramnath Chalappa, oggi professore e direttore accademico nella prestigiosa università americana di Emory.
La denominazione Cloud in realtà veniva utilizzata già nel 1996 sui documenti interni della IT Company californiana Compaq. Tre anni dopo, l’azienda partner Net Centric depositò il termine e cercò di appropriarsi dei brevetti di Compaq.
Anche Apple qualche anno prima, nel 1990, stava lavorando ad un progetto simile. L’allora CEO John Sculley si convinse che il futuro dell’informatica risiedeva in dispositivi portatili più piccoli dei computer tradizionali: essendo meno performanti sarebbe stato necessario sfruttare una potenza di calcolo maggiore e sistemi di comunicazione di dati su server accessibili in rete, seguendo gli stessi principi del Cloud.
Oggi a distanza di oltre 25 anni dalla sua prima teorizzazione, l’importanza del cloud computing continua a crescere e ad avere un ruolo chiave soprattutto all’interno delle aziende.
L’avvento della pandemia non ha fatto che accelerare il processo di integrazione del cloud computing, ed è solo grazie a questa tecnologia che lo smart working è stato possibile, permettendo a tutti gli utenti di avere pieno accesso a tutte le funzioni utilizzate in presenza.
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